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Beppe Grillo, Giornalettismo e la “vivisezione” – Editoriale

È nata una piccola diatriba a tema “sperimentazione animale” che ha coinvolto da un lato Beppe Grillo e il suo blog e dall’altro la testata online Giornalettismo. Vogliamo parlarne un momento, anche perché questo ci fa da spunto per esprimerci in maniera chiara e speriamo definitiva sull’uso terminologico della parola “vivisezione”.

In breve, sul blog di Beppe Grillo, il quale purtroppo si è espresso sempre in termini aggressivi nei confronti della sperimentazione animale e della ricerca biomedica in genere, è comparso un appello a sostegno di una petizione popolare che chiede l’abolizione della direttiva europea 2010/63/UE sulla tutela degli animali da laboratorio.

L’appello è stato pubblicizzato sulla sua pagina Facebook; il post ovviamente usava il termine “vivisezione” come sinonimo di “sperimentazione animale”, e altrettanto ovviamente era allegata una foto visivamente ed emotivamente impressionante.

Grillo e la vivisezione

La pagina facebook A Favore della Sperimentazione Animale ha prontamente fatto notare quanto la foto fosse decontestualizzata. Gli stessi dubbi sono rimbalzati su alcuni blog, in particolare su Assurdità a 5 Stelle, e infine arrivano su Giornalettismo. Ne è nato un botta e risposta con il blog di ispirazione grillina La Fucina, in cui si è discusso di autenticità e appropriatezza della foto.

Riguardo all’autenticità, la fonte originaria della foto sembra essere il sito di un concorso fotografico, che riporta la foto come proveniente da un centro di ricerca sui primati in Cina. È confermato dalla didascalia che si tratta di un semplice prelievo di sangue.

Dunque una cosa è certa: si è fatto passare come “vivisezione in Europa” (questo l’ipotetico nemico contro cui si scaglia la petizione di Grillo) un prelievo di sangue in Cina.

È una novità questo tipo di uso delle immagini? No, non lo è: ad esempio la LIMAV faceva passare per sperimentazione animale (“vivisezione”) l’estrazione della bile dagli orsi vivi sempre in Cina, una pratica collegata con la medicina tradizionale cinese, del tutto inesistente in Europa e Usa e di sicuro non classificabile come ricerca scientifica.

È corretto questo uso delle immagini? Ovviamente no, si tratta di un tentativo di suggestionare il lettore senza risvegliarne le capacità critiche. Tutti abbiamo subito dei prelievi di sangue nella vita, chi soffre di particolari patologie si trova a doverli ripetere anche di frequente, e non sono niente di scandalosamente doloroso. Tuttavia nella foto c’è la scimmietta, è tenuta legata (un metodo un po’ obsoleto per fare i prelievi, si può infatti addestrare scimmie a dare il braccio per il prelievo in cambio di una ricompensa, come si vede ad esempio in questo video) ed ha la faccia che sembra triste. Certo, le espressioni facciali delle scimmie somigliano pochissimo alle nostre ed è ben difficile che un profano sappia dire che espressione ha la scimmia; ma questo non è importante perché per impressionare il lettore basta che l’animale sembri sofferente, che lo sia davvero o meno è un dettaglio insignificante.

Sicuramente si tratta di un uso delle immagini quanto meno fuorviante. Inoltre, che la foto sia vera o meno, la cosa grave qui non è certo la foto, semmai che un partito che si proclama a favore della ricerca scientifica dichiari la propria volontà di opporsi alla ricerca biomedica in tutta Europa.

Tuttavia le cose veramente importanti passano frequentemente inosservate, quindi nel botta e risposta tutta la questione ha finito col ridursi a “Ma la foto è autentica? E rappresenta vivisezione?

Per dirimere la questione bisogna dunque capire che cosa significhi “vivisezione” e quando sia corretto usare la parola. Ci esprimeremo brevemente su questo.

Cominciamo col dire che un termine prende il suo significato principalmente da due elementi: l’uso e l’etimo. Dei due sicuramente l’uso è il più potente, ma è anche quello più vago e su cui è più difficile trovare consenso, mentre l’etimologia può essere definita “scientificamente”. L’etimologia del termine “vivisezione” fa riferimento specificamente al taglio di tessuti vivi; è sottointeso che ciò accada a scopi sperimentali e di ricerca scientifica. Questo è anche il primo significato riportato da tutti i dizionari nonché da Wikipedia italiana e da quella inglese alla voce “vivisection”. Molti dizionari (ma non tutti: si veda ad esempio qui) riportano che per estensione il termine è talora utilizzato per riferirsi all’intera ricerca in vivo.

È chiaro che nel rispetto dell’etimologia l’utilizzo più corretto e a luogo del termine è quello che i dizionari riportano come primo o unico significato: dissezione in vivo a scopi sperimentali.

Se l’etimologia è spietata nel ricordarci che la vivisezione è il taglio in vivo, e solo quello, è vero che l’uso giornaliero del termine, altrettanto importante, conosce più variabilità.

In ambito scientifico il termine è obsoleto e praticamente non esiste; su pubmed una ricerca degli articoli col termine “vivisection” nel titolo trova in tutto venti risultati, di cui uno in cui è usato in senso metaforico (“vivisezione delle proteine”) e diciannove sono di carattere storico o filosofico. Quando viene usato, il termine si riferisce comunque alla vivisezione come taglio in vivo, così com’era praticato in epoche passate, prevalentemente nel ‘700 e nell’800 (talora su animali svegli e coscienti, cosa oggi vietatissima), e non al totale della sperimentazione animale. È insomma del tutto evidente che dal punto di vista scientifico il termine, banalmente, non ha valore; è obsoleto, e riferito a pratiche obsolete. Poiché si tratta di un termine scientifico, il fatto che non sia in uso fra gli scienziati è un tantino importante.

Se invece andiamo nell’ambito legale e burocratico, nella legislazione italiana ad esempio il termine era utilizzato all’interno della legge n° 924 del 12 Giugno 1931, in cui si parlava di “vivisezione ed altri esperimenti”, da cui a rigor di logica si evince, com’è ovvio, che non tutti gli esperimenti su animali sono vivisezione .
Al momento la legge in questione è interamente abrogata e sostituita dal D.L. 116 del 27 Gennaio 1992; ne sono conservati soltanto i commi I e III dell’articolo 1, che usano il termine “vivisezione” nel modo che ho appena spiegato. La parola non è più utilizzata in nessuna parte della legislazione aggiornata al 1992 né nella direttiva europea del 2010, il che significa che se non fosse per quei due stralci della legge del 1931 sopravvissuti all’abrogazione, la parola “vivisezione” sarebbe addirittura assente dal lessico giuridico in Italia.

Ciò che resta da verificare è l’uso giornaliero della parola “vivisezione” presso gli animalisti e la gente comune. Qui è la festa dell’ambiguità, chiaramente. Gli animalisti contro la sperimentazione animale useranno sempre il termine vivisezione perché fa più impressione, e la loro causa campa quasi interamente di impressioni e “orrore”. Quanto alla gente comune, penso che molti saranno pronti ad affermare di sapere cos’è la vivisezione e di usare quel termine consapevolmente, ma quanti di loro la userebbero per riferirsi ad un semplice esperimento comportamentale in una gabbia di Skinner, o al semplice prelievo di sangue qui sopra? Se ammettessimo questo uso del termine, dovremmo ammettere che portare Fido dal veterinario per un prelievo è uguale a vivisezionarlo, e io stesso dovrei riconoscere di essere stato vivisezionato a mia volta, avendo partecipato ad un paio di esperimenti comportamentali come cavia.

Ora, com’è chiaro, tutti i termini possono essere usati come lo si desidera, a patto di mantenere una convenzione onesta con chi ci sta ascoltando o leggendo riguardo a cosa si intenda. Se gli animalisti vogliono sostenere che io ho subito la vivisezione perché ho subito un esperimento, molto bene, possiamo anche farli contenti: Alberto è stato vivisezionato, e non è stato niente di tremendo, anzi si è piuttosto divertito.

In realtà possiamo anche chiamarla “carote al sugo” la sperimentazione animale, basta che si abbia presente cos’è ciò di cui si sta parlando, e questo vale sia per chi parla che per chi legge o ascolta. Se parlando di vivisezione vuoi dare l’idea di un’orrenda tortura a cui porre fine, be’, scegliere una foto di una scimmia a cui fanno un prelievo di sangue, solo perché ha la faccia che sembra triste, forse non è esattamente onesto, o stiamo dicendo qualcosa di assurdo?

A Beppe Grillo e a chiunque scriva sul suo blog o su quelli amici io chiedo di riflettere e domandarsi se l’uso che hanno fatto loro del termine e della foto rispetta questa onesta convenzione linguistica, se davvero stanno trasmettendo l’informazione giusta ai loro lettori.

E mentre loro si interrogano sull’argomento, i nostri lettori probabilmente si son già fatti un’idea della risposta.

[Dott. Alberto Ferrari – Comitato Scientifico Pro-Test Italia]

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7 commenti

  1. VoceIdealista

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  2. Vorrei solo far notare che Giornalettismo ha solamente riportato un articolo che il sottoscritto ha scritto sul suo blog XD http://assurdita5stelle.blogspot.com/2013/10/la-verita-sulla-foto-spot.html La polemica è nata tutta dai due articoli scritti da me

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  3. Segnalo che il link al video del macaco (che dovrebbe essere questo) risulta non funzionante

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  4. vorrei solo far presente che la foto postata ritrae della “sperimentazione animale” e che l’oggetto della petizione é, testualmente “dice NO alla sperimentazione animale” mi pare congruo, connotazione geografica a parte. Questo semplic enesso logico mette gisutamente in disparte la ridicola diatriba etimologica

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    • No, la petizione è “stopvivisection”, e il post di Grillo in cui compariva la foto parlava esplicitamente di vivisezione.

      [Alberto Ferrari, Comitato Scientifico Pro-Test Italia]

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